201802.23
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LA CONDOTTA RIPARATORIA COME CAUSA ESTINTIVA DEL REATO. RICADUTE PROCESSUALI.

L’art.162 ter c.p. rubricato “estinzione del reato per condotte riparatorie” appare autosufficiente, perchè la sua introduzione non ha reso necessaria alcuna modifica o integrazione del codice di rito penale. Senonchè a ben vedere, seguendo un trend non nuovo il Legislatore ha inserito nella norma penale anche la disciplina processuale dell’istituto. Si parte dalla querela ( art. 336 c.p.p.) e dalla possibilità di “remissione della querela ” ( art. 340 c.p.p.), quali presupposti necessari per l’applicazione dell’art. 162 ter c.p. e si delinea un procedimento finalizzato a verificare sia i “fatti inerenti alla responsabilità civile derivante dal reato” ( art. 187 comma 3 c.p.p.), sia il fatto che l’imputato abbia “riparato interamente entro il termine massimo della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado” il danno cagionato dal reato.

Il tenore letterale dell’art. 162 ter c.p. delinea una applicazione dell’istituto de quo successivamente all’esercizio dell’azione penale; si parla di imputato e non di indagato, di processo e non di procedimento, di sospensione del processo e non del procedimento, di interlocuzione diretta tra imputato e giudice, di ruolo meramente consultivo del pubblico ministero come una delle parti necessarie del contraddittorio che deve precedere la decisione sull’applicazione della causa estintiva, della fase di apertura del dibattimento come termine ad quem della condotta riparatoria dell’imputato, salvo concessione di proroga ” non superiore a sei mesi” per provvedere al risarcimento o completare la rateazione del pagamento.

Non vi è ragione di escludere che l’indagato di un reato perseguibile a querela (rimettibile ), venendo a saper ex art. 335 comma 3 o ex art. 369 o ex art. 415 bis c.p.p. ( o in altro modo), dell’esistenza di un procedimento a carico, comunichi al pubblico ministero di aver tenuto o di intendere tenere la condotta riparatoria, al fine di evitare l’esercizio dell’azione penale. Nel primo come nel secondo caso l’interlocutore diventa necessariamente il giudice delle indagini preliminari. Il quale è tenuto a fissare un’udienza ad hoc destinata al contraddittorio delle parti sulla esistenza di una condotta riparatoria riconosciuta ( dall’offeso), o da valutarsi se congrua ( se, come formulata dall’indagato, non è stata ” accettata dalla persona offesa”) e sulla necessità di una rateazione o della “fissazione di un termine” per provvedere al pagamento effettivo e integrale.

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